Soy un circo
Gli acrobati​
Già dagli anni novanta si definisce quello che sarà il suo linguaggio maturo: ricerca di materiali particolari per il supporto, tecniche miste, stile graffiante; anche i temi sono già tutti lì, pronti ad essere indagati, sviscerati, riproposti nel tempo secondo una successione ciclica: il circo, il calcio, la città la milonga. Il circo in particolare è un soggetto caro a tutta l’arte moderna: si carica di quelle atmosfere illusorie da opporre alla società industrializzata. E’ con il simbolismo di fine Ottocento e, successivamente, con gli artisti del Novecento che l’isola felice, il luogo del sogno, lo spazio del funambolo e degli acrobati che vincono la forza di gravità diventa invece il luogo di maschere terrene, di esseri mercuriali in bilico fra la vita e la morte.
Gli acrobati di Zeltman appartengono a questa dimensione: si aggrappano con i denti a quell’esile ancoraggio che impedisce di cadere, non sono farfalle che volano nell’aria, come le equilibriste di Degas e di Seurat (Degas, Al circo, Léone Daré, 1879 ca., Seurat, Il circo, 1891), ma esseri terreni che appartengono a questo abisso. La pennellata veloce e talvolta sommaria ci consegna la pesantezza dei loro corpi e al contempo la precarietà della loro esistenza; il passaggio da un’asta all’altra del trapezista, il salto della tigre o la corsa del cavallo sono il superamento di un confine proibito, il balzo dell’oscurità ; e la vittoria è data dall’esercizio riuscito con successo. I sorrisi diventano ghigni e poi ruggiti e trasformano i volti in maschere; in altri casi, lo sforzo dello stare in equilibrio o la velocità del movimento annullano nel segno ogni caratteristica fisiognomica.
I saltimbanchi diventano così figure ambigue, enigmatiche, sfuggenti: personificazioni di vittime e di demoni, simbolo del volo verso l’infinito e al contempo metafora della caduta nel baratro.







Gli acrobati di Zeltman sono presenze irreali, fiere pericolose che popolano lo spazio di un circo lontano ma che da un momento all’altro potrebbero con un salto felino superare la frontiera interdetta della tela e scendere nelle nostre vie, entrare nelle nostre metropolitane, gremire le nostre città .







